C’è un errore che non si deve assolutamente fare quando si parla di Autonomia differenziata: creare un fronte Sud contro uno Nord. Nel farlo strumentalmente o peggio per cavalcare l’argomento in chiave elettorale, si sarebbe irrispettosi verso altri cittadini, altri italiani, che hanno partecipato a un Referendum per chiedere maggiore autonomia regionale, magari anche pensando di scavare un solco con le Regioni meridionali considerate una sorta di zavorra che impedisce loro di essere maggiormente protagonisti nel Nord-Europa.
Ieri il Consiglio regionale ha approvato non una ma due mozioni che impegnano il governo regionale a vigilare perché l’Autonomia non si traduca in un danno per i cittadini pugliesi. In realtà, abbiamo per oltre quattro ore tenuto una discussione anche interessante e condivisibile, ma di fatto inutile, perché come consiglieri regionali non possiamo fare niente, semplicemente perché non è una competenza regionale, ma governativa e parlamentare. E, quindi, sarebbe molto più utile fare pressioni sui parlamentari pugliesi e meridionali affinché sia il Parlamento ad affrontare l’intera questione evitando che si limiti solo a “ratificare” intese tra Governo e Regioni che, per così come sono scritte
oggi, sono pericolosamente immodificabile per dieci anni.
Ma c’è altro che possiamo fare: nel 2009, fu approvata una legge (n.42, Federalismo fiscale) proposta da un ministro pugliese, Raffaele Fitto, e da un ministro del Nord, Roberto Calderoni, che non è stata ancora attuata, ma che sull’argomento è decisamente avanti: valorizza, esalta e persegue i principi dei costi standard e dei livelli essenziali prestazionali. Se in questi dieci anni fosse stata attuata avremmo scoperto che il divario fra Nord e Sud è provocato anche da gap strutturali e storici e non solo da cattiva gestione amministrativa. Del resto esattamente a questa legge si faceva riferimento nel programma elettorale del centrodestra dello scorso anno quando si chiedeva un rafforzamento delle autonomie locali attraverso il federalismo responsabile. Quindi nel contratto del Governo del Cambiamento altro non può esserci, perché altro non è stato votato dagli italiani, né in Parlamento può essere violata la Costituzione o forzare la mano su un provvedimento non condiviso dal territorio.
E allora il mio appello è che si riparta dalla legge n. 42 del 2009, perché lì ci sono anche le risposte per il nostro Sud, sperando di poter arrivare un giorno nel pretendere pari condizioni. A pari condizioni gareggiamo i 100 metri, i 1.000 e i 10.000. Insomma, tutto quello che vogliamo. Ma a parità di condizioni.
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