È per me un grande onore e una profonda responsabilità ricordare nell’Aula del Senato quel tragico 24 marzo 1944, quando la follia nazista si scagliò contro la vita di 335 innocenti, vittime sacrificali della violenza più efferata.
La città di Roma fu il teatro di uno dei più brutali episodi della storia moderna che, ancora oggi, lascia dietro di sé incredulità e sgomento. Si consumò così il più sanguinoso eccidio nazista in una capitale europea e la presenza, tra le vittime, anche di 19 pugliesi racconta una tragica pagina della Storia comune della nostra Terra.
19 STORIE, protagoniste di gesta eroiche vissute da uomini liberi.
Don Pietro Pappagallo, di Terlizzi, che viveva la sua missione ospitando ebrei, oppositori del regime e partigiani; Gioacchino Gesmundo, sempre di Terlizzi, insegnante di filosofia nel liceo “Visconti” di Roma, condannato a morte per aver svelato agli studenti, nelle sue lezioni, il volto atroce della guerra e del regime; l’ebanista Gaetano La Vecchia, di Barletta, che aveva fatto della sua bottega una base partigiana; il noto cantante lirico foggiano Nicola Ugo Stame, militante nei gruppi partigiani, Giuseppe Lotti e Vincenzo Saccotelli, artigiani di Andria. E ancora: gli avvocati Teodato Albanese di Cerignola e Ugo Baglivo di Alessano, Umberto e Bruno Bucci di Lucera, Antonio Pisino di Maglie, il maggiore del Regio Esercito Antonio Ayroldi di Ostuni, il giovane militare Ferruccio Caputo di Melissano. I fratelli Federico e Mario Càrola di Lecce, ufficiali d’aviazione e di fanteria. Manfredi Azzarita, capitano di cavalleria, medaglia d’oro al valor militare alla memoria, figlio di molfettesi. Il maggiore dei Carabinieri Ugo De Carolis, il soldato Cosimo Di Micco ed Emanuele Caracciolo, regista affermato ed uno dei maggiori esponenti del futurismo di sinistra,
Di quella drammatica giornata, di quell’atto vile e orrendo, resta la ferita di tante morti incolpevoli, la coscienza di un passato da rammentare per non ripetere e la eco di una stortura della storia che va conosciuta nella sua origine profonda e nelle sue devianze.
Oggi, custodire e coltivare la memoria di quei fatti assume un valore più alto: quello di rinnovare lo spirito di tanti uomini che hanno sacrificato la propria esistenza nel nome della democrazia e della libertà, per consegnarci un mondo diverso da quello che conobbero: un mondo estraneo alle logiche del terrore e dell’oppressione.
Le Fosse Ardeatine furono l’ennesima, oscena rappresentazione di un odio forsennato e assurdo, di una fede tossica che trovò nella negazione del prossimo e nella discriminazione della razza l’obiettivo del suo impeto bestiale.
La memoria di quelle atrocità deve costituire la ragion d’essere della nostra battaglia per l’esercizio delle libertà ancora oggi, dopo tanti anni.
Essenziale è custodire la consapevolezza di quali intollerabili forme può assumere la fede in un’ideologia accecante ed escludente.
Dopo settantacinque anni, le vittime delle Fosse Ardeatine rievocano il senso più profondo dell’azione di ciascuno di noi: combattere, ad ogni costo, ogni cenno di intolleranza e di discriminazione per riaffermare con indomita fermezza il significato dell’uguaglianza e della giustizia tra gli uomini.
Il passato peggiore risveglia le nostre coscienze e ci lancia un severo monito per il futuro: non cedere mai più alla banalità del male.
La Puglia e la Città di Barletta, insignita di due Medaglie d’oro per la Resistenza, presente ieri alla Celebrazione nell’Anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine con il suo Gonfalone, i rappresentanti dell’ANPI e una delegazione istituzionale testimoniano la portata storica e simbolica del contributo che anche la nostra Comunità, con il sacrificio dei suoi uomini ha apportato alla Storia dell’Antifascismo”.
Sen. Assuntela Messina
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